Quello della desertificazione bancaria è un tema ampiamente discusso negli ultimi anni, in particolare quando si tratta di piccoli comuni che devono fare i conti con filiali e sportelli che chiudono e sempre meno servizi a disposizione dei cittadini. Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), da sempre attenta a questo tema, interviene nuovamente per chiedere uno stop al piano di ridimensionamento. Questa volta lo fa inviando una lettera aperta, da parte del presidente nazionale Marco Bussone, ai vertici delle banche. La lettera è indirizzata, in particolare, a Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Giovanni Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, Pier Carlo Padoan, presidente di Unicredit, Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, e Antonio Patuelli, presidente di Abi. Riportiamo di seguito il testo della lettera di Uncem:
“L'Italia è il Paese nel quale ciascuno di voi lavora e opera con le società che guida, Paese nel quale siamo tutti e tutte impegnati nel contrastare sperequazioni, disuguaglianze, favorendo coesione, nuovo sviluppo, crescita inclusiva. Vorremmo fosse realmente così. Limitare povertà, dare opportunità a chi ha meno, consentire che chi vive e lavora in aree geografiche dove i dati economici sono più fragili, abbia opportunità e capacità di scelta. Il "diritto all'opzione" lo chiamano i sociologi (diverso da quello dei soci sulle azioni, che ben conoscete), la possibilità di restare nel Mezzogiorno come nelle aree rurali, montane e interne, perché vi è un sistema pubblico che d'intesa con le grandi e piccole imprese private - insieme - portano investimenti e favoriscono quelle comunità. Evitare in sostanza che aumentino le fratture e le faglie. Un sistema liberale è quello che vede le banche da secoli protagoniste non solo nel garantire risparmio e flussi finanziari adeguati e regolati, ma anche di contribuire alla crescita e alla giustizia. Valori che ci appartengono, che condividiamo.
Dove c'è credito, dove c'è risparmio, ci sono investimenti, lavoro, progresso, sviluppo, innovazione. Dove vi sono servizi, vi sono opportunità, fiducia, visione, futuro. Anche questi valori li condividiamo. È vero? Perché se non fosse vero, se questi valori non sono più vostri valori, allora si spiegherebbe efficacemente la continua smobilitazione delle banche che a fronte degli enormi utili, se ne vanno dalle realtà più fragili. Dove vi sono meno utenti, meno clienti, meno prodotti, meno scelte, meno opportunità. Esercitano quel "diritto all'opzione" scegliendo la seconda: andarsene. Chiudere. Restare nei quartieri urbani dove vi sono grattacieli e innovazione continua, lasciare invece le periferie e i centri minori dove si fa più fatica. Poco importa dei distretti, della manifattura che ha lunga storia, degli imprenditori che stanno facendo di tutto per resistere. Vi interessano ancora? Quei valori, nei quali i nostri sindaci, le nostre comunità, i nostri concittadini, i nostri clienti credono, sembrano da voi traditi dall'andarvene. Tanto gli utili e i fatturati ci sono lo stesso, probabilmente dicono board e cda, alti dirigenti e advisor. Sono numeri sempre più alti, gli utili impressionanti, mentre le imprese e le comunità stesse affrontano la crisi demografica ed ecologica - come scrive la Laudato Si di Papa Francesco che tutti e tutte incoraggiamo nella testimonianza della sofferenza vissuta non per caso - faticano di più. Unicredit e Intesa San Paolo, le due più grandi del Paese, hanno scelto, negli ultimi cinque anni, poco a poco, di andar via. Non così le Bcc, le Casse di Risparmio. Resistono, restano, ritornano, vanno dove le grandi sono andate via. Gli ultimi dati, nelle tabelle delle chiusure di Intesa San Paolo, sono spaventosi. Preoccupa ciascuno di noi il tradimento dei valori che avevamo immaginato, forse sbagliando, di condividere. Opportunità, fiducia, visione, futuro...e altri. Messi anche in tanti vostri spot e promozioni. Tutti a poco a poco sono venuti meno, se guardiamo alle chiusure e agli abbandoni dei territori.
Ora, sappiamo tutti benissimo tutto: l'home banking, le operazioni e i bonifici on line, in banca non si entra più, e sappiamo anche che "le banche non sono più quelle di una volta" e che "il direttore non è più lì a prendere 50 caffè al giorno con i clienti che devono prelevare contanti o fare un mutuo per la casa". Fuori da ogni retorica, se anche tutto questo è vero, è bene che le grandi e le piccole banche che chiudono, insieme con Abi e chi le rappresenta, siano consapevoli che ogni taglio e ogni chiusura - di una banca in un comune - fa male al tessuto sociale ed economico. I dati e gli studi li avete e non li richiamo qui. Sapete tutto anche rispetto ai tagli. Quali effetti hanno sugli utenti - che forse non riusciranno a cambiare banca, dopo il vostro andare - e quali sui vostri conti. Un miliardo di euro per voi sono poco. Se anche una filiale costasse 1 milione di euro l'anno, tenerne mille vi costerebbe 1 miliardo l'anno, appunto. O diteci voi quanto. Ma quel vostro investimento sarebbe un segnale per dire "ci siamo", "i valori sono ancora nostri e vostri", "l'indebolimento del territorio noi lo contrastiamo". E anche: "pensiamo insieme a cosa sarà il Paese tra 30 o 50 anni, in una Europa meno schizofrenica di oggi". Pensiamo al futuro del Paese ripensando insieme i servizi. Ecco cosa non avete fatto: questo "pensare al futuro". Decidere di chiudere - e lo diciamo senza essere infantili o affogarci nei luoghi comuni - è banale scelta che vi mette nel passato, fuori dall'Italia che verrà. E se anche vi importa poco di quei 25 milioni di italiani che vivono fuori dalle cento città (dove abbandonate le periferie), del loro risparmio e dei loro mutui, vi facciamo come Uncem sommessamente notare che state tradendo valori che andate a raccontare nei vostri claim, che hanno fatto la storia di San Paolo, di Intesa, di Crt, e pure di vostre fondazioni. I sindaci hanno fiducia in voi perché credono molto nelle fondazioni. Ecco perché pensare al territorio di domani insieme, con più servizi, deve essere centrale per voi.
E se anche dopo questa lettera farete niente, noi di Uncem con tutti i sindaci e le sindache vi diciamo che cinque minuti di riflessione per evitare queste e altre chiusure fareste bene a usarli”.