Le cronache si rincorrono da Nord a Sud. A Napoli si spara e si uccide per un pestone su una scarpa. A Genova un capotreno viene accoltellato, durante un normale controllo di biglietti, da un ventenne e una minorenne. A Roma una dodicenne ferisce con una lama un compagno di scuola. A Piacenza si indaga sulla morte di una tredicenne, forse uccisa dal fidanzatino, violento, di 15 anni.
E l’elenco potrebbe continuare. Non entro nel merito dei singoli episodi. Ci sono indagini in corso e lasciamo fare agli inquirenti il loro lavoro.
Una domanda però sorge spontanea. I genitori di questi ragazzini dove erano?
Sono passati quasi 50 anni, ma quand’ero quindicenne mio papà o mia mamma mi controllavano da capo a piedi ogni volta che uscivo di casa e quando rientravo: com’ero vestito? Quanti soldi avevo in tasca? Se avevo sigarette o se avessi fumato… Senza contare il fatto che volevano sapere con chi uscivo e dove saremmo andati. Come sarei potuto uscire con una pistola o con un coltello? Impossibile! Ma poi, perché avrei dovuto avere un’arma?
I tempi sono cambiati, certo… Ho l’ impressione, però, che i genitori abbiano abdicato al ruolo di educatori, che vuol dire anche controllori, e severi, nel far rispettare regole ben precise. Se saltano questi ruoli, non può pensarci la scuola o lo Stato a far crescere e educare i nostri ragazzi. A meno che non si voglia imitare la società degli Stati Uniti o il Far West, dove ognuno si fa giustizia da sé.