Novara - 26 aprile 2019, 18:59

Il Coccia appeso a un filo: approvato il piano di rientro dal debito

Il Coccia appeso a un filo: approvato il piano di rientro dal debito

Il rientro dal lungo ponte pasquale ripropone sul tavolo del sindaco quella che finora è senza ombra di dubbio la “grana” più colossale del suo mandato: il gigantesco caos in cui è precipitata la gestione della Fondazione Teatro Coccia, la più rilevante istituzione culturale cittadina.

Un caos che è diventato perfino difficile riassumere, una infinita serie di colpi di scena susseguitisi da gennaio del 2018, quando il presidente scelto dall’amministrazione di centrodestra, l’ex magistrato Carmen Manfredda, costrinse di fatto l’allora direttrice Renata Rapetti, alla guida del Coccia dal 2012, a dare le dimissioni. Da quel momento in poi, una cascata di guai: prima l’infinita querelle per le scelta del nuovo direttore, poi le dimissioni a ripetizione di diverso consiglieri di amministrazione, e poi lo scontro aperto tra Manfredda e Canelli, per arrivare agli ultimi passaggi, che risalgono a poche settimane fa: la Prefettura che scioglie il CdA e ne nomina d’ufficio uno nuovo, presieduto dal Massimiliano Atelli, magistrato della Corte dei Conti e presidente della Fondazione Castello.

Un nuovo CdA che ha un enorme problema davanti a se, emerso con chiarezza negli ultimi tempi, anche grazie ad un intenso pressing dell’opposizione in consiglio comunale, ed in particolare della consigliera Pd Sara Paladini: il Coccia è appeso ad un filo a causa di una situazione finanziaria che si è deteriorata con una serie di debiti, a cominciare da quello con il fornitore di energia elettrica e per finire con le somme non restituite alla Fondazione regionale “Piemonte dal vivo” che fornisce molti spettacoli di prosa al teatro novarese.

Su tutto incombe la Corte dei Conti, che chiede con insistenza un piano per il rientro dal debito accumulato.

Proprio nei giorni scorsi, nell’immediata vigilia delle feste pasquali il consiglio di amministrazione del teatro ha approvato il piano di rientro del debito con il fornitore di energia elettrica e contestualmente il piano di restituzione delle somme dovute a Piemonte dal vivo. Secondo Massimiliano Atelli, entrambi i piani sono stati approvati dal cda e accettati anche dai creditori. Nella stessa seduta, sempre secondo le dichiarazioni del presidente è stata affidata ad un professionista, di caratura nazionale, la “due diligence” necessaria per definire la situazione reale dei conti del Coccia.

Un quadro tutt’altro che tranquillizzante, davanti al quale sta prendendo sempre più quota negli ambienti dell’amministrazione comunale l’idea che l’unica strada possibile per salvare il Coccia sia quella di mettere in liquidazione la Fondazione Teatro Coccia (passaggio che ancora una volta sarebbe di competenza della Prefettura) e conferire il teatro alla Fondazione Castello, costruendo così’ una unica grande istituzione culturale che sorvintenda a tutte le principali attività. La Fondazione Coccia, in questo schema, rimarrebbe solo come “bad company” per gestire la situazione debitoria.

Una ipotesi che a molti fa drizzare i capelli in testa: la “bad company” di fatto rimarrebbe sulle spalle del Comune, e il teatro di fatto dovrebbe ricominciare daccapo, mettendo a rischio la sua stessa sopravvivenza. Che ne sarebbe infatti, in questa ipotesi, dei finanziamenti del ministero?

Ipotesi più o meno realistiche a parte, sta di fatto che nei prossimi due o tre mesi la situazione dovrà obbligatoriamente essere rimessa in carreggiata, con l’entrata in vigore del nuovo statuto approvato ormai nove mesi fa e mai divenuto efficace, la nomina di un nuovo Cda e di un adeguato presidente. Per poi dare vita ad una sorta di “chiamata alle armi” delle forze culturali ed economiche della città.

Una partita delicatissima, sulla quale, forse più che su qualsiasi altra, Canelli si gioca una bella fetta della sua credibilità.

Ettore Colli Vignarelli

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