Nasce in Piemonte un nuovo modello per la gestione efficiente della risorsa idrica, capace di contribuire al soddisfacimento del fabbisogno idrico di tutti gli attori in territori complessi, dall’agricoltura all’industria, dalla produzione di energia fino al consumo privato. Un modello olistico, replicabile in ogni luogo secondo specifiche territoriali, che mira ad accrescere la disponibilità di acqua per far fronte alle sfide della crisi climatica in atto, attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture idrauliche per aumentare la resilienza delle comunità.
Sono questi gli obiettivi del progetto di “Strategia di ottimizzazione idrica di un comparto territoriale”, il primo progetto integrato in Italia per la creazione di un comparto territoriale ad alta sostenibilità idrica, realizzato dalle aziende aderenti al gruppo di lavoro di Assoreca (associazione ambiente, energia ,sicurezza e responsabilità sociale), insieme a Acqua Novara Vco ed Est Sesia, il maggior consorzio di irrigazione in Italia, con il patrocinio della regione Piemonte e insieme ad altri importanti partner, tra cui dieci tra le maggiori società di ingegneria del Paese.
Frutto di uno studio durato due anni, il progetto è stato presentato nel corso dell’evento “Strategie sostenibili di ottimizzazione idrica - Un progetto pilota nei territori tra Cerano e Trecate”, che si è tenuto ieri a Novara, presso la sala Leonardo della sede di Est Sesia, alla presenza di Matteo Marnati, assessore ambiente, energia, innovazione, Ai di regione Piemonte, e Gerardo Sansone, dirigente della struttura di missione per la scarsità idrica.
“I cambiamenti climatici che stiamo vivendo richiedono risposte diverse secondo le specifiche peculiarità dei diversi territori del nostro Paese - ha commentato Mario Fossati, direttore di Est Sesia -. Per questo è importante concentrarsi sul territorio, per verificare quali sono le specifiche esigenze e le opportunità che possono essere colte. Servono interventi innovativi, capaci di integrare soluzioni diverse per preservare una risorsa, come l’acqua, essenziale per ogni settore socioeconomico. Insieme ad Assoreca abbiamo cercato di proporre un modello che fosse tanto territoriale quanto replicabile, secondo linee guida dettagliate e capace di adottare il meglio delle soluzioni tecniche e tecnologiche oggi disponibili superando la concorrenza tra settore agricolo, industriale e civile per passare da un “modello competitivo” a un “modello sinergico” della gestione della risorsa idrica”.
Il primo passo per la realizzazione di questo modello olistico è stato redigere linee guida per assicurare la sostenibilità idrica di un comparto territoriale. Assoreca ha coinvolto dieci tra le maggiori società di ingegneria ambientale in Italia a sé associate, (Aecom, Anthemis, Erm, Gm Ambiente, Gruppostante, Sinergeo, Sodai e Wsp, Proger a Italfer), per affrontare, per la prima volta nel nostro Paese, il problema della siccità in modo sistemico.
Il modello sviluppato da Assoreca ha l’obiettivo di realizzare uno standard operativo applicabile in ogni territorio del Paese. Ecco perché si è scelto il complesso territorio di Trecate-Cerano per avviare una progettazione dettagliata che fosse poi replicabile, che concentra, in un territorio contenuto, ogni tipo di esigenza rispetto al settore idrico: industriale, civile, agricolo, zootecnico. In questo territorio il progetto prevede quattro diversi ambiti di intervento: recupero e riutilizzo delle acque di depurazione per il comparto agricolo, riutilizzo delle acque di derivazione superficiale per il comparto agricolo, riutilizzo circolare delle acque di processo industriale e ricarica della falda con iniezione delle acque di derivazione.
In ottica di economia circolare e facendo riferimento al decreto-legge del 2023 per far fronte alla crisi idrica, il primo ambito intende sfruttare in maniera sistematica le acque reflue trattate dal depuratore di Cerano, situato proprio al limite est del territorio individuato dal progetto (a ridosso del Ticino). Oggi in Italia si riutilizza solo il 4% delle acque reflue depurate, e l’obiettivo posto a livello nazionale è arrivare al 40% entro il 2030. Ogni anno il depuratore tratta oltre 5milioni di metri cubi di acqua: una risorsa preziosa che una volta depurata, può essere stoccata sfruttando la vicina cava Cascina Nuova, per essere poi utilizzata nel settore agricolo. Secondo il progetto di Assoreca, la cava verrebbe trasformata in un bacino di 135mila metri quadrati, in sostanza un vero e proprio laghetto da 140mila metri cubi, con annessi uno spazio ricreativo per tutti i ceranesi e un impianto fotovoltaico.
Il secondo ambito mira a trasformare i 325mila metri quadrati della cava Cascina Invernizi, situata a nord del territorio, in un bacino alimentato dal diramatore Vigevano, senza alcuna conseguenza sia per i territori agricoli a valle, sia per gli impianti idroelettrici alimentati dal diramatore. Il bacino consentirebbe di stoccare fino a 900mila metri cubi di acqua. Entrambi i progetti consentirebbero, inoltre, di riqualificare completamente delle zone trascurate, offrendo alla popolazione un sensibile miglioramento in termini ecologici e ambientali.
A metà strada tra le due cave, sorge il polo industriale di San Martino, dove operano aziende diverse. Il progetto ha previsto un’accurata analisi del consumo di acqua da parte di aziende campione, fornendo indicazioni precise per l’ottimizzazione dei consumi, il riutilizzo della risorsa idrica e la minimizzazione della captazione dalla falda. Le acque superficiali e sotterranee prelevate per gli usi industriali, infatti, se giudicate compatibili, possono essere recuperate, reimmesse nella rete irrigua e riutilizzate in agricoltura.
Proprio la falda è l’oggetto del quarto ambito, che mira a preservarla e a ricaricarla utilizzando le acque di derivazione. In quest’ottica, la falda viene utilizzata come enorme bacino di riserva in cui convogliare l’acqua quando è in eccesso, in modo da preservarla per i periodi in cui ce n’è meno e nei periodi irrigui. Il progetto prevede il prelievo dell’acqua del Ticino nei periodi non irrigui (ottobre-marzo), che senza grandi infrastrutture, ma per l’effetto della gravità, viene convogliata ai punti di iniezione tramite la rete dei canali irrigui esistenti, e iniettata in falda tramite un sistema di pozzi dispersori a gravità in aree specifiche, poste idraulicamente a monte delle aree da irrigare.
La ricarica artificiale della falda rappresenta una strategia efficace e sostenibile per contrastare la crisi idrica. Il progetto consentirebbe di reiniettare l’intero ammontare del de¬deficit idrico calcolato per il 2023, pari a ben 18milioni di metri cubi, con costi di reiniezione estremamente limitati, quantificati tra 1,4 e 2,6 milioni di euro.