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Sanità | 13 gennaio 2025, 14:00

Meeting di Cardiologia all'Upo: focus sulla gestione dei disturbi della conduzione post-Tavi

Il trattamento della stenosi aortica e la gestione del rischio di impianto del pacemaker

Meeting di Cardiologia all'Upo: focus sulla gestione dei disturbi della conduzione post-Tavi

Il 9 gennaio si è svolto un incontro di cardiologia, presentato dal dott. Carmine Romano, con la supervisione del prof. Giuseppe Patti, professore ordinario di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare all’Università del Piemonte Orientale e direttore del Dipartimento Toraco-Cardio-Vascolare dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Maggiore della Carità di Novara. Al centro del meeting, il trattamento della stenosi aortica severa tramite Tavi (Transcatheter Aortic Valve Implantation) e la gestione dei disturbi della conduzione post-operatori.

La Tavi, trattamento meno invasivo rispetto alla chirurgia tradizionale, è indicata per pazienti con stenosi aortica severa, specialmente quelli di età superiore ai 75 anni o con alto rischio chirurgico. Nonostante i benefici, la procedura presenta un’incidenza di disturbi della conduzione, che in alcuni casi possono richiedere l’impianto di un pacemaker definitivo. La gestione di questi disturbi non è ancora standardizzata, con approcci che variano tra i centri per la mancanza di studi clinici randomizzati specifici.

L'incontro ha sottolineato l’importanza di una valutazione pre-operatoria accurata per identificare i pazienti a rischio, come quelli con blocco di branca destra o calcificazioni severe nell’efflusso ventricolare sinistro. I principali disturbi post-Tavi includono blocco di branca sinistra e blocco atrioventricolare (Bav) di alto grado, spesso transitori. Le linee guida europee raccomandano l’impianto del pacemaker definitivo solo in caso di Bav persistente a 24-48 ore o blocco di branca alternante.

Il monitoraggio continuo durante il ricovero e il follow-up post-operatorio sono cruciali per gestire il rischio di progressione verso un Bav di alto grado. Un recente studio ha proposto uno score di rischio per identificare i pazienti a basso rischio, che potrebbero essere dimessi prima.

a.f.

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