Mandare a processo Nerini, Perocchio e Tadini, ma anche le società Ferrovie del Mottarone e Leitner. Sono queste le richieste depositate oggi dalla Procura di Verbania per la tragedia della funivia del Mottarone del maggio 2021, costata la vita a 14 persone. I Pm hanno chiesto il rinvio a giudizio per sei persone fisiche e due giuridiche. Si tratta di Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio direttore d’esercizio della funivia e Gabriele Tadini, capo servizio dell'impianto di Anton Seeber, presidente del cda di Leitner, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service. Chiesto il processo anche per le due società. I capi di imputazione contestati, in perfetta continuità con l’avviso di chiusura delle indagini sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e solo per Tadini e Perocchio anche il falso.
In sintesi, la Procura chiede il rinvio a giudizio di Nerini, Perocchio, Tadini, dei vertici della Leitner e delle due società perché ritiene che la causa del crollo della cabina numero 3 sia dovuta al combinarsi di due ordini di fattori. In primo luogo certamente l’apposizione dei cosiddetti forchettoni. “A seguito della rottura della fune traente superiore della cabina numero 3 in prossimità del punto di innesto della fune al carrello (testa fusa) – era scritto nell’avviso di chiusura delle indagini - la cabina n. 3, ormai prossima all'arrivo nella stazione finale del Mottarone, non si arrestava sospesa alla fune portante, come, invece, sarebbe dovuto accadere se non fossero stati apposti i forchettoni, ma, trascinata dal tiro della fune traente inferiore, retrocedeva verso valle in direzione Stresa, località Alpino, acquistando sempre maggior velocità e, dopo una corsa di oltre 400 metri, raggiunto il pilone 3 della tratta Alpino Mottarone, si sganciava dalla fune portante, precipitando al suolo dall'altezza di circa 17 metri, schiantandosi a terra e proseguendo la sua corsa a causa dell'elevata pendenza del terreno, per, poi, collidere contro un albero di alto fusto”. A monte del comportamento doloso, secondo la Procura ci sono una serie di comportamenti colposi che la Procura definisce “negligenza, imprudenza e imperizia e nella violazione di specifiche norme di legge e/o regolamentari”. In particolare, spiegava la Procura nell’avviso di chiusura delle indagini, questi comportamenti sono consistiti “nella mancata esecuzione dei controlli a vista mensili sul tratto di fune traente in prossimità del punto di innesto al carrello”, controlli che, “ove effettuati, avrebbero consentito di rilevare i segnali di degrado della fune e di portare, in presenza della rottura anche di un solo filo o di segni di corrosione (…) alla dismissione della fune, che, invece, si deteriorava progressivamente, sino a rompersi in corrispondenza dell’innesto del carrello punto in cui la fune presentava il 68% circa dei fili con superfici di frattura riconducibili a fenomeni di fatica e fatica/corrosione”.
Tra i primi commenti alla richiesta di rinvio a giudizio quello di Leitner, la società di Vipiteno che era incaricata della manutenzione dell’impianto. Leitner “ribadisce con forza la propria convinzione di non essere passibile di alcuna forma di addebito in relazione ai fatti contestati all’azienda e ai vertici societari”. “Nel corso dell’attività di indagine – scrive la società in una nota - è infatti risultato chiaramente che l’infortunio è da ascriversi a condotte dolose da parte di terzi soggetti che hanno eliminato i presidi di sicurezza che risultavano essere presenti sulla funivia del Marone. In ogni caso, Leitner rinnova la propria fiducia nell’operato della Magistratura ed è fiduciosa di poter chiarire la propria totale estraneità ai fatti contestati e correttezza di operato”. I legali di Perocchio e Tadini, Andrea Da Prato e Marcello Perillo si sonio limitati a ribadire che nelle richieste della Procura non ci sono sorprese.